Una risata vi seppellirà
Aldo Moro fu rapito il 16 marzo e ucciso il 9 maggio 1978 dalle Brigate Rosse. Molti chilometri più a sud, nella cittadina di Cinisi in Sicilia, veniva fatto saltare in aria Peppino Impastato, giornalista che lottava contro la mafia. Erano passati dieci anni dall’esplosione del movimento del sessantotto; forse quegli eventi e quella data segnarono la fine definitiva, simbolicamente e catarticamente, di una stagione piena di contraddizioni, ma anche di speranze.
Fiumi di parole sono state spese sul sessantotto; aggiungerne altre non credo aggiunga molto. Queste poche righe vogliono solo rappresentare una testimonianza vera, anche se largamente incompleta.
Di quegli anni ci piace ricordare gli hippies, Martin Luther King, l’opposizione alla guerra nel Vietnam. La legge sul divorzio e sull’aborto, la legge Basaglia, ma anche la nascita delle “radio libere” e … Rino Gaetano. Si, proprio lui, per la sua voce ruvida, per l’ironia e i nonsenso caratteristici delle sue canzoni; per la denuncia sociale spesso celata dietro testi apparentemente leggeri e disimpegnati.
In sintesi ci piace ricordare le battaglie civili, di emancipazione sociale, di libertà; lo scardinamento di un sistema ingessato e ormai obsoleto. Cioè quanto di buono è rimasto, con tutti i limiti e le contraddizioni insite in qualsiasi movimento di popolo.
Probabilmente il terreno sul quale quel movimento ha avuto effetti assai scarsi è proprio la dinamica strettamente politica. Basti ricordare che le elezioni politiche del 7 e 8 Maggio 1972 videro la presenza di una lista – quella che faceva capo al gruppo del Manifesto con in lista Piero Valpreda – che tentò di capitalizzare a livello politico-istituzionale la forza espressa dal movimento: racimolò un misero e insignificante 0,7% segnando la impotenza “politica” del movimento.
Ci piace chiudere questa breve e incompleta testimonianza con le parole di Rino Gaetano in un’intervista del settembre 1975 a Ciao 2001.
Ci sono immagini tristi o inutili, ma mai liete, in quanto ho voluto sottolineare che al giorno d’oggi di cose allegre ce ne sono poche ed è per questo che io prendo in considerazione chi muore al lavoro, chi vuole l’aumento. Anche il verso «chi gioca a Sanremo» è triste e negativo, perché chi gioca a Sanremo non pensa a chi «vive in baracca».